giovedì 16 giugno 2011

Minecraft concept

Mi hanno offerto la possibilità di stare da solo in un mondo tutto mio. Tutto nelle mie mani. Ho deciso che, sì, va bene, accetto l’offerta anche se non so chiaramente né di che si tratta né tantomeno di perché ho accettato. Dopo un breve protocollo e una medicina mi addormento.
Poi apro gli occhi. Mi trovo in una spiaggia, in un’isola piena di rocce e alberi. I gabbiani cantano, scimmie squittiscono, addirittura ci sono mucche e pecore che pascolano. La prima cosa che scopro è che è tutto nelle mie mani: riesco a ottenere enormi e solidi blocchi di sabbia praticamente alti quanto me, riesco a spostarli facilmente e in breve – come ogni creatura dotata di un minimo senso di sopravvivenza – ho costruito una mia tana, una casa fatta di “solida sabbia”. Mi è già chiaro di trovarmi in un mondo alternativo. Faccio ancora un giro, l’acqua del mare è fresca e mi bagna i piedi. Raccolgo tante cose: legna, fango, rocce, piante. Spinto da una frenesia incontrollabile comincio a costruire un edificio ancora più grande, fatto di materiali più disparati, senza mobili. Nel silenzio entro in pace, concentrato nella semplice azione di costruire.
Il sole cala velocemente, presto mi ritrovo al buio. Il paesaggio è a malapena illuminato dalla luna. Lì mi accorgo che qualcosa non va. Inizialmente ho creduto ci fossero altre persone. Umani nella mia isola, mi ha reso quasi furioso. Invece non sono umani. Sono esseri, sì esseri e non persone, uguali a me. Con i miei stessi vestiti ma con la pelle verde, il volto completamente distorto, lugubre, disgustoso. Uno ha quasi cercato di assalirmi e son dovuto scappare, mi sono rifugiato nella casa, chiudendomi dentro per bene.
Il giorno dopo le creature non ci sono più. A terra riesco a vedere i miei barra loro vestiti, pieni di cenere. Allora decido di attrezzarmi meglio. Prima di tutto costruisco un piano da lavoro: un tavolo su cui creare tutti gli oggetti più o meno utili. La prima cosa che faccio è una lunga spada, se la si può chiamare così, della roccia mista a legno ma almeno mi sarà utile per difendermi. Poi un piccone. Con questo potrò ottenere altra roccia o magari ferro. Quindi piccono per tutte le montagne, creando tunnel e caverne. Trovo del carbone, con cui riesco a creare delle torce. Scavo e creo, più a fondo vado più torce devo appendere per farmi luce. Quando esco, pieno di materiali, è già sera. Mi rifugio nella piccola casupola, aspettando il sole.
Quando i mostri sono spariti mi metto all’opera: tutto il materiale che ho raccolto lo uso per costruirmi un vero e proprio castello, una fortezza impenetrabile piena di torri. È ancora piccola ma soddisfacente, a due piani, con luce e scale, armi improvvisate o costruite.
Ma questo non mi basta. Il giorno dopo scavo ancora, più in profondità possibile, trovando finalmente minerali utili. Riesco presto ad ottenere picconi e spade di ferro. Ogni tanto sento un cupo ringhio, una voce debole lamentarsi. Sono le voci dei mostri che mi perseguitano. Vuol dire che vivono sotto terra ma ancora non ne ho incontrato uno. A un certo punto, non me l’aspettavo, sbuco in una caverna. È buia, per esplorarla devo camminare di fianco ai muri e poggiare continuamente nuove torce. Mi imbatto in un fiume di lava e, come mi aspettavo, altri miei cloni che cercano di assalirmi. Ma io sono preparato e riesco a difendermi bene.
Giorno dopo giorno uso i materiali per costruire un castello sempre più grande, torri altissime, capanne. Mi diverto. Espando il mio territorio con gli edifici, mi diletto nel costruirne sempre di nuovi, diversi, particolari. Dopo un mese mi chiedo.. che senso ha? Perché sono qui?
Sono come una formica, troppo presa a lavorare, a costruire. Ma qual è lo scopo della mia vita?
Voglio andarmene..