sabato 2 aprile 2011

Mangiami

Guardo il corpo del mio migliore amico, Dario, che dorme beato. Ormai sono sei mesi che è in coma, non riuscirò mai a farci l’abitudine. Che fine ha fatto il nostro trio? Parlare di ragazze fino a notte fonda con Dario e Akrahm. Quest’ultimo è morto misteriosamente. Sembra che si sia appisolato sul letto e la morte l’ha preso in silenzio. Loro due erano una coppia fantastica, il modo in cui sono finiti è quasi poetico. Decido di andarmene. I genitori di Dario mi ospitano per qualche giorno, apprezzano molto il fatto che venga a trovarlo ogni mese. E Valeria? La ragazza di Dario si è ripresa dall’incidente ma poi è scomparsa, improvvisamente.
Uscendo dalla porta mi imbatto in una ragazza molto carina. — Oh, tu sei Marco, vero? —
È ispanica, porta dei vestiti quasi aderenti che mi permettono di intuire il suo fantastico fisico.
— Io mi chiamo Rosita. Sono un’amica di Dario. Lui mi ha parlato molto di te. Mi dispiace per quello che è successo. —
— È dura.
— Allora.. ti lascio in pace, vado.
— Aspetta, perché non scendiamo a bere un caffè?
Il bar dell’ospedale svolge un servizio pessimo ma non accetto l’idea di perdere un’occasione come questa. Parliamo per più di un’ora di Dario, sembra che si conoscessero bene ma adora sentire le storie su ciò che abbiamo passato. Mi accorgo che si sta facendo troppo tardi e, sfortunatamente, le dico che devo andare ma lei mi ferma. — Perdonami per quanto sono sfacciata ma potresti venire da me, ho la casa libera per quasi una settimana. Non credi che sarebbe una buona idea? —
Ah ah dannate ragazze ispaniche, sempre un passo in più davanti agli uomini. Le dico che è una buona idea. Andiamo insieme in macchina a casa di Dario, dove posso prendere i miei bagagli e non facciamo che parlare. Questa volta l’argomento è ampio e finisco inevitabilmente per conoscerla meglio. Sorprendentemente, però, Rosita non vuole incontrare i signori De Carlo. — Mi fa star male solo l’idea, lasciamo stare. Ti aspetto in macchina. —
La famiglia era grosso modo dispiaciuta ma non hanno fatto troppe domande. Il viaggio in macchina, poi, si rivela molto lungo. Dopo aver preso l’autostrada ci ritroviamo in una stradina piccola e sinuosa. Soprattutto non c’è traccia di un lampione.
— Mi dispiace doverti far fare questa strada un po’ pericolosa ma abito lontano, in piena campagna. —
— Vuol dire che se ti farò urlare questa nessuno ti sentirà.
Lei ride e mi guarda divertita. — Prima decidiamo chi dei due sarà a urlare, poi ne parleremo.
Non parliamo più di argomenti del genere e mi concentro nella guida. Mi sorprende sapere che ha risposto a una insinuazione simile con tanta tranquillità. Che donna. La sua casa è un piccolo edificio in campagna, noto anche una piccola stalla. Attorno ci sono solo alberi.
— Avresti dovuto avvisarmi che sarei finito in una catapecchia, mi sarei dovuto preparare.
— Ehi, che discorsi sono questi! Poi tu vieni dal sud, dovresti essere abituato a paesaggi simili.
— Ah ah. In realtà no, comunque scherzavo.
— Indubbiamente.
La prima cosa che fa una volta entrata in casa è spogliarsi e gettarsi sul divano, invitando a unirmi a lei. Non me lo faccio ripetere. Forse devo smetterla con questi stereotipi razzisti ma questa Rosita è tremendamente caliente! Mi sembra di venir mangiato e divorato mentre lo facciamo, lei è passionale e soprattutto calda. Il corpo è bollente e quando la tocco spesso rabbrividisce — Le tue mani sono gelate. — Sussurra tremando.
Non ho mai provato nulla di tanto eccezionale. Poi lei urla, cazzo. Praticamente strilla dal piacere e questo mi lascia senza fiato. Il finale è qualcosa di stratosferico, fuochi d’artificio nell’eruzione di un vulcano. Non abbiamo neanche la decenza di infilarci nel letto e dormiamo senza più dirci una parola.
Mi sveglia ciò che apparentemente sembra un gallo, entrato chissà come in casa. La porta è aperta e lei è ancora nuda e prepara il caffè. — Buon giorno — Le dico, la prima cosa che faccio è prendere una sigaretta e accenderla. — Buon giorno un cazzo. Sai cos’è successo questa notte? Mi è morta un’altra capra. —
Una volta vestiti usciamo fuori. Un gregge di pecore vaga tranquillo nel recinto, ieri non mi sono accorto di una cosa del genere. Una di loro è a terra completamente essiccata, dalla gola e sul sesso si intravedono tagli netti. — Che cazzo sarà stato, un lupo? — Mi avvicino alla carcassa per esaminarla. — Non ci sono lupi qui. Sinceramente non so quanto voglio saperlo, poi. Spero sia l’ultima volta che accada.
— È successo altre volte?
— Sì, ma se è qualcosa di davvero pericoloso preferisco che si prenda tutte quelle bestie e poi ci lasci in pace.
Mancano due giorni prima della mia partenza ma spero che passino lentamente. Lei mi fa assaporare questi momenti nel modo più intenso possibile. Ci capita di fare ancora l’amore più volte mettendomi addirittura in difficoltà. Ma ha vissuto reclusa per così tanti anni per essere così affamata? Si dimostra anche un’eccellente cuoca, una donna perfetta, anche se mangia molto poco. Arriva la sera e lei mi saluta con un bacio prima di andare a farsi la doccia. — Resta qui, mi raccomando. Sappi che non mi piacciono gli uomini che curiosano a casa mia.
— Non mi muovo di qui, tranquilla. Ce l’hai la tv?
— No, non sono mai stata una grande fan della televisione. Avresti dovuto portarti qualche libro. —
— Odio leggere. — Probabilmente neanche mi ha sentito, si è chiusa già nel bagno. Dopo almeno mezz’ora decido di starmi annoiando fin troppo, mi sgranchisco le ossa e mi alzo, deciso a curiosare. Se lo faccio fuori da casa sua non sarà un problema, vero?
In realtà sono un po’ stupito sia della casa che del luogo in cui si trova. È relativamente piccola e soprattutto è troppo lontana dai centri abitati. Davvero lei e la sua famiglia vivono qui da soli? Una cosa già attrae la mia attenzione: un’accetta per tagliare la legna. La afferro e fingo di sferrare qualche colpo. Così se quei lupi appaiono ancora so come allontanarli.
Do un’occhiata alle pecore. La mattina fanno molto rumore ma ora sono particolarmente silenziose. La scena mi stupisce. Tutte le bestie sono radunate in cerchio, una di fianco l’altra e immobili, come ipnotizzata. Guardano qualcosa al centro del cerchio che hanno formato.
È buio, non ci sono lampioni, l’unica luce che mi permette di vedere è la potentissima luna che si staglia nel cielo. C’è una pecora a terra che si agita lentamente. Lei riesco a vederla perché è molto chiara, scorgo macchie scure sulla gola e tra le zampe. Sopra non mi è esattamente chiaro cosa ci sia. Una sagoma nera è accovacciata sulla sua preda. — Ehi! — Urlo, capendo di aver trovato il lupo. Questo emette un lungo sibilo e scappa in un modo fin troppo agile. Lo seguo finché non entra in un altro piccolo edificio di fianco la stalla, dalle grosse porte di legno. — Adesso ti finisco io. — Apro la porta, l’unica cosa che vedo è una finestra aperta in alto. — Che cazzo stai facendo? —
Rosita è apparsa dietro di me, nuda sotto l’accappatoio per quello che posso capire.
— Il lupo, o qualsiasi cosa sia è entrato in questa capanna. È la nostra chance per fermarlo.
— Assolutamente no! Via, andiamocene — Prende la mia mano e tira finché non siamo a casa.
— Potrebbe essere pericoloso. Prima di tutto non c’è luce la dentro, come speri di difenderti da una cosa che nemmeno non puoi vedere? Davvero, pensarci mi fa venire i brividi. Lasciamo la porta aperta e speriamo che entro domani se ne sia andato.. Fammi questo favore, non pensarci, davvero. Se poi le pecore moriranno tutti sarà un motivo in più per convincere mio padre a trasferirci in città. —
Le sue argomentazioni mi bastano e, anche se molto in disappunto, accetto e resto in casa. Dopo aver fatto per l’ennesima volta l’amore restiamo stesi per terra a guardare il soffitto, lei forse già sta dormendo. — Rosita? Cosa c’è in quel capanno?
— Niente d’interessante, solo fieno.

Mi sveglio ancora. Come al solito lei è nuda e prepara il caffè. — La bestia non c’era più, per fortuna. Mi toccherà seppellire un’altra pecora ma va bé. —
— Ma tu non cambi mai vestiti? Indossi sempre i soliti.
— Oh ma non rompere.
Questo è l’ultimo giorno in cui starò al nord, dopodiché tornerò a casa. Domani ho un aereo che mi aspetta. Esco fuori di casa per fotografare il paesaggio, una marea di alberi che non sono abituato a vedere sarà un bel ricordo da portare a casa. Non riesco a fare a meno di guardare il cadavere di pecora a terra. Ciò che ho visto ieri non era normale. Mi viene un’idea.
Tiro fuori il telefono e digito un numero. Dopo numerosi squilli sento una voce femminile.
— Marco?
— Kami, posso parlarti?
— Ti sento malissimo, cos’hai detto?
— Voglio chiederti una cosa, posso?
— Veramente sarei molto occupata, è urgente.
— Tu che sei una biblioteca sul paranormale, sai dirmi cosa può ipnotizzare pecore per poi succhiarle vive?
Inizialmente sento silenzio e qualche disturbo ma poi — Dovrebbe essere il Chupacabra. Hai a che fare con una cosa del genere? Stai molto attento, non si limita a.. —
Ma la chiamata si chiude. Il telefono indica che non c’è linea. — Dannazione. —
Improvvisamente un’idea colpisce la mia mente. Rosita è dietro di me. — Ehi, cosa c’è? —
Mi allontano. — Credo sia una buona idea che io me ne vada. Adesso. —
— Ah, volevo parlarti appunto di questo. Non so cosa sia successo ma la tua macchina ha le ruote bucate. Dovremmo aspettare mio padre prima di..
— Tu non hai un padre.
— Cosa stai dicendo?
— Tu non hai un padre, questa non è casa tua, tu non sei un essere umano.
Lei mi guarda in silenzio.
— Mi sbaglio, el chupacabra?
Lei allora comincia a ridere. Prima era un leggero singhiozzo ma poi si piega in due dalle risate. — Tu sei folle, davvero.
— Non ti cambi perché non hai vestiti. Non vuoi che io vada in giro per la casa perché potrei capire che non è tua. Non c’è una foto della famiglia che sia una. E poi? Quando vedo la bestia tu non ci sei, e quando lei scappa tu improvvisamente appari. Cosa sei esattamente? Cosa vuoi? —
Lei non mi risponde, semplicemente corre contro di me e mi salta addosso. Io cado a terra, vado a sbattere da qualche parte, non so dove, ma la gamba mi fa un male boia. Lei mi dà un pugno in faccia, mi sento stordito. Poi si alza e mi trascina per la gamba finché non raggiungiamo il capanno. Ovviamente lì non c’era solo fieno. Cadaveri di pecore e uomini fungevano da decorazione, tutti sgozzati e nudi, con una grossa ferita sanguinolenta al posto del sesso. — Bravo, sei stato molto bravo a capire chi sono ma è stato un’errore. Se non avessi usato la testa ma solo il pisello come maggior parte degli uomini avresti passato il tuo ultimo giorno da vivo godendotela.
— Come ha fatto Dario a non accorgersi di ciò che sei?
— Io quello lì non lo conosco. Un uccellino mi ha consigliato te come ottima preda e aveva ragione. — Avvicina il suo volto al mio collo, assaporandolo solo con lo sguardo.
— Perché sei venuta addirittura a cercarmi? Che vuol dire “ottima preda”?
— A me non basta cibarmi di sangue e carne. Ho bisogno di emozioni! La forza dell’erotismo è ciò di più fantastico che c’è al mondo, non riesco a farne a meno. E le tue emozioni sono forti, possenti, mi rendono piena.
— Ti prego..
— Mi spiace, non hai scampo. — Mi bacia. — Dopo averti succhiato tutto il sangue che hai, fino a renderti uno scheletro. Infine mangerò ciò che ti ho fatto usare in questi giorni ininterrottamente. L’unica cosa che dovresti dirmi è — Sussurra all’orecchio — buon appetito. —